Crisi familiare e assegnazione della casa
Nei giudizi che coinvolgono la crisi della famiglia, uno degli aspetti su cui gli ex partner scaldano di più gli animi in aula, al pari dei profili economici, è rappresentato dall’assegnazione della casa coniugale (se la coppia era sposata) o casa familiare (se si tratta di una coppia di fatto), specie laddove siano presenti dei figli.
Al riguardo, però, occorre fin da subito precisare che non siamo in presenza di un diritto spettante all’ex coniuge o convivente, ma di un diritto spettante al genitore collocatario, ossia quello che continuerà a vivere nell’abitazione insieme ai figli.
Pertanto, quando i genitori si separano il criterio che il giudice segue per assegnare la casa coniugale o familiare al genitore collocatario rimane sempre la tutela dell’interesse primario dei figli, specie se minorenni.
Inoltre, l’assegnazione della casa coniugale o familiare viene valutata a livello economico nella definizione delle condizioni patrimoniali delle parti e, quindi, può incidere sull’eventuale diritto al mantenimento perché consiste in un’utilità di cui gode il genitore collocatario.
Cosa succede quando il figlio diventa maggiorenne?
Il diritto del genitore collocatario all’assegnazione della casa coniugale o familiare non viene meno automaticamente quando i figli raggiungono la maggiore età.
Il genitore, infatti, che convive stabilmente con il figlio divenuto maggiorenne, continua a mantenere tale diritto purché il figlio non sia nel frattempo diventato indipendente e autosufficiente dal punto di vista economico.
Il requisito della “stabile convivenza”
Presupposto indispensabile per ottenere l’assegnazione della casa familiare o coniugale è che i figli abbiano una stabile convivenza con il genitore collocatario.
Tuttavia, mentre il rapporto coniugale si caratterizza di regola da una quotidiana coabitazione e dalla unicità di interessi familiari, quello di filiazione può essere più spesso caratterizzato, in presenza di peculiari e personali interessi del figlio, specie se maggiorenne, da una sua presenza solo saltuaria presso la casa coniugale per la necessità di assentarsi con frequenza per motivi di studio o di lavoro anche per non brevi periodi. Tipico è, ad esempio, il caso del figlio maggiorenne studente “fuori sede” che durante la settimana viva in altra città per frequentare l’università.
Ebbene, in questi casi, occorre chiedersi se permanga oppure no il diritto del genitore collocatario a continuare a vedersi assegnata la casa.
La risposta è positiva.
Il requisito, infatti, della stabile convivenza sussiste anche nei casi in cui la permanenza del figlio maggiorenne nella casa coniugale o familiare non sia prevalente in termini temporali, purché la stessa rimanga comunque un punto di riferimento stabile al quale il figlio può fare sempre sistematico ritorno.
In particolare, tenendo anche in considerazione quanto recentemente affermato dalla Cassazione, il collegamento stabile con la casa del genitore collocatario, può sussistere anche se la coabitazione non è quotidiana e il figlio maggiorenne si assenti per ragioni di studio o di lavoro per lunghi periodi, a condizione, però, che egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile e l’effettiva presenza sia temporalmente prevalente in relazione ad una determinata unità di tempo.
Revoca dell’assegnazione della casa
Come abbiamo visto, i figli durante la crisi familiare conservano il diritto a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, in modo tale da garantire la conservazione delle loro abitudini di vita e delle relazioni sociali radicatesi in tale ambiente.
La revoca dell’assegnazione della casa coniugale o familiare ha come presupposto esclusivamente l’accertamento da parte del giudice del venir meno dell’interesse dei figli alla conservazione dell’habitat domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e dell’autosufficienza economica da parte degli stessi o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore collocatario.
Quindi, se il figlio maggiorenne continua a garantirsi un collegamento stabile con l’abitazione del genitore collocatario, il giudice non potrà revocare l’assegnazione in ragione della scelta di quest’ultimo di recarsi presso una diversa città per ragioni di studio o di lavoro (in questo caso, però, il lavoro non deve aver fatto sorgere un’autosufficienza economica).
L’intervento del figlio maggiorenne nel processo
Nel giudizio di revisione delle condizioni di separazione o divorzio che sia stato intrapreso da uno dei genitori, il figlio maggiorenne ma non autosufficiente economicamente, potrebbe avere interesse al processo, quanto al profilo dell’assegnazione della casa coniugale: in questo caso, il figlio maggiorenne può intervenire in giudizio per sostenere le ragioni del genitore assegnatario che chieda di conservare tale diritto.
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