Assegnazione della casa coniugale senza figli: come funziona in sede di separazione e di divorzio dei coniugi?
- Assegnazione della casa coniugale nella separazione
- Assegnazione della casa coniugale nel divorzio
- L’assegnazione della casa realizza l’interesse esclusivo della prole
- In assenza di figli come funziona l’assegnazione della casa coniugale?
Assegnazione della casa coniugale nella separazione
L’assegnazione della casa coniugale è un tema di cui si dibatte nel momento in cui la coppia entra in crisi. In caso di separazione la norma di riferimento del codice civile da tenere presente in materia di assegnazione della casa coniugale è l’art. 337 sexies. Questo articolo, introdotto dall’art. 55 del D.lgs. n. 154/2013 riporta, con modificazioni, il contenuto dell’abrogato art. 155 quater c.c.
L’art. 337 sexies c.c. disciplina l’“Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza” e al comma 1 dispone che: “1. Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643.”
Assegnazione della casa coniugale nel divorzio
L’assegnazione della casa coniugale in caso di divorzio è regolamentata dal comma 6 dell’art. 6 della legge n. 898/1970, il quale stabilisce che: “L’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’art. 1599 del codice civile.”
L’assegnazione della casa realizza l’interesse esclusivo della prole
Evidente come l’assegnazione della casa coniugale abbia come unico scopo, quello di garantire alla prole una continuità e una stabilità abitativa. Per questo la casa viene assegnata a quello che, in gergo tecnico, viene definito “genitore collocatario”.
La stessa Cassazione nell’ordinanza n. 24254/2018 chiarisce infatti che: “in materia di separazione o divorzio, l’assegnazione della casa familiare, pur avendo riflessi anche economici, particolarmente valorizzati dalla della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 6, comma 6, (come sostituito dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 11), è finalizzata all’esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta, onde, finanche nell’ipotesi in cui l’immobile sia di proprietà comune dei coniugi, la concessione del beneficio in questione resta subordinata all’imprescindibile presupposto dell’affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ma economicamente non autosufficienti.”
L’assegnazione della casa coniugale è subordinata alla presenza di figli
Concetto ribadito dall’ordinanza della Cassazione n. 3015/2018: “il provvedimento di assegnazione della casa coniugale è subordinato alla presenza di figli, minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, conviventi con i genitori: tale ratio protettiva, che tutela l’interesse dei figli a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, non è configurabile in presenza di figli economicamente autosufficienti, sebbene ancora conviventi, verso cui non sussiste alcuna esigenza di speciale protezione.”
Necessità di tutelare gli interessi dei figli, che è stata confermata anche dalla Corte d’Appello di Catania, che in una sentenza del 29 novembre 2017 ha ribadito che l’istituto dell’assegnazione della casa coniugale/familiare serve a tutelare l’interesse del figlio minore, al quale deve essere garantita la possibilità di conservare il proprio habitat domestico.
Assegnazione della casa coniugale in assenza di figli: come funziona?
L‘assegnazione della casa quindi, da quanto abbiamo visto finora, viene decisa dal giudice solo se c’è la necessità di tutelare le esigenze dei figli. In assenza di prole pertanto il coniuge non proprietario dell’immobile non può avanzare pretese sull’immobile di proprietà dell’altro.
Un vero cambio di rotta rispetto al passato, in cui l’assegnazione della casa coniugale aveva la funzione di sostegno al reddito del coniuge più debole economicamente e che in seguito si è trasformata in un istituto a tutela dell’interesse della prole. L’assegnazione della casa quindi, in assenza di figli, non può essere considerata come una misura d’integrazione all’assegno di mantenimento dovuto al coniuge economicamente più svantaggiato.
In assenza di figli niente assegnazione
Come ha precisato il Tribunale di Salerno nella sentenza n. 908/2020 la domanda di assegnazione della casa familiare può essere avanzata solo in “presenza di figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti al fine di garantire loro una continuità di vita nel medesimo ambiente e, dunque, al fine di evitare ulteriori traumi oltre a quello conseguente alla disgregazione del nucleo familiare. Di conseguenza, detta domanda va rigettata qualora dall’unione coniugale non sono nati figli e, pertanto, non sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda.”
Godimento della casa familiare per tutelare la prole
Del resto la Corte di Cassazione, già nella sentenza n. 3934/2008 chiarisce: “in materia di separazione e divorzio, il disposto dell’art. 155 quater cod. civ., come introdotto dalla L. 8 febbraio 2006 n. 54, facendo riferimento all’interesse dei figli, conferma che il godimento della casa familiare è finalizzato alla tutela della prole in genere e non più all’affidamento dei figli minori, mentre, in assenza di prole, il titolo che giustifica la disponibilità della casa familiare, sia esso un diritto di godimento o un diritto reale, del quale sia titolare uno dei coniugi o entrambi, è giuridicamente irrilevante, con la conseguenza che il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa coniugale.”
L’assegnazione della casa non è una componente degli assegni di mantenimenti e divorzio
“In coerenza con questo orientamento si è affermato il principio secondo il quale in materia di separazione (come di divorzio) l’assegnazione della casa familiare, malgrado abbia anche riflessi economici, particolarmente valorizzati dalla L. n. 898 del 1970, art. 6, comma 6 (come sostituito dalla L. n. 74 del 1987, art. 11), essendo finalizzata alla esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta, non può essere disposta a titolo di componente degli assegni rispettivamente previsti dall’art. 156 cod. civ. e dalla L. n. 898 del 1970, art. 5 allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, al soddisfacimento delle quali sono destinati unicamente gli assegni sopra indicati.”
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