Comodato della casa al figlio: che cosa succede se si separa? Il genitore che glielo ha dato può ottenerne la restituzione?
- Comodato della casa al figlio
- Il contratto di comodato gratuito
- L’obbligo di restituzione al proprietario
- Comodato casa al figlio: il recesso del genitore
- Sull’obbligo di restituzione prevale l’interesse della famiglia
Comodato della casa al figlio
Il comodato è un contratto che consente ai genitori di aiutare i propri figli, nel momento in cui decidono di mettere su famiglia. Grazie al comodato gratuito i novelli sposi possono avere subito la disponibilità di un immobile. Il tutto senza dover sostenere il costo di un canone di locazione o della rata mensile del mutuo.
Un aiuto di cui i genitori però si possono pentire, se la coppia a un certo punto si separa, soprattutto se sono nati figli. Non è infrequente infatti che l’immobile che ha rappresentato fino a quel momento la casa familiare venga assegnato al genitore collocatario della prole. In casi come questi cosa succede? Il genitore che ha concesso la casa in comodato al figlio ha la speranza di rientrare nel possesso del bene di sua proprietà? Può cioè ottenerne la restituzione?
Prima di rispondere alla domanda che ci siamo posti all’inizio, ossia che cosa succede se il figlio a cui il genitore ha concesso una casa in comodato si separa, vediamo come è disciplinato il contratto di comodato.
Il contratto di comodato gratuito
Il contratto di comodato gratuito è definito dall’art. 1803 del codice civile nel seguente modo: “Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito.”
Dalla norma si evincono le principali caratteristiche del comodato:
- è un contratto reale a effetti obbligatori (con obbligazioni a carico di una sola parte) che prevede la consegna di una cosa mobile o immobile da una persona (comodante) a un’altra (comodatario);
- consente al comodatario di servirsi del bene per un uso determinato;
- per tale disponibilità il comodatario non deve versare alcunché al comodante, perché “essenzialmente gratuito”.
La gratuità del comodato
Gratuità che non viene meno se al comodatario viene richiesto una somma simbolica per l’uso concesso. Pensiamo ad esempio alla richiesta dei genitori al figlio di provvedere a pagarsi da solo le bollette di casa (comodato modale).
Come precisato infatti dalla Cassazione nell’ordinanza n. 1039/2019: “nel comodato modale il cd. modus non costituisce il contrappeso del godimento della cosa concessa in uso, ma si mantiene nei limiti strutturali e funzionali della fattispecie contrattuale, sicché, ove esso integri una vera e propria controprestazione, si dovrà ritenere che esso infici l’originaria gratuità del comodato, evenienza da escludere – in applicazione di un principio quantitativo solo quando quella posta a carico del comodatario sia una prestazione economica di lieve entità‘”.
L’obbligo di restituzione al proprietario
Il comodato inoltre, come emerge dalla norma che lo definisce, prevede l’obbligo di restituzione da parte del comodatario al comodante. Obbligo che però è condizionato dall’apposizione o meno di un termine al contratto e dalla destinazione del bene. Vediamo cosa prevede il codice civile al riguardo.
- L’art. 1809 comma 1 c.c dispone che: “Il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto.”
- Il comma 2 dello stesso articolo prevede invece che: “Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata.”
- L’art. 1810 c.c prevede invece che: “Se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede.” Trattasi in questo caso di comodato “precario”.
Comodato casa al figlio: il recesso del genitore
Esaminata la disciplina della restituzione, vediamo ora di rispondere alla domanda posta all’inizio, ovvero quando un genitore concede una casa in comodato a un figlio, che cosa succede se poi si separa?
La situazione non è di facile soluzione perché si contrappongono due interessi molto importanti per il nostro ordinamento:
- il primo è quello di tutelare la proprietà del comodante e garantire allo stesso di rientrare nella disponibilità del suo bene;
- il secondo invece riguarda la tutela della famiglia formata, soprattutto in presenza di figli. Come sappiamo infatti i minori soprattutto hanno bisogno, per una crescita equilibrata, di non essere sradicati dal loro ambiente domestico.
Con la separazione non viene meno la destinazione dell’immobile per la famiglia
Interessi contrapposti sul quale in passato si sono formati opposti orientamenti giurisprudenziali, risolti per fortuna dalla Cassazione con la SU n. 13603/2004. Il principio enunciato dalle SU per superare l’accennato contrasto giurisprudenziale è il seguente:
“Nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura e il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, ma determina concentrazione, nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c.”.
Sull’obbligo di restituzione prevale l’interesse della famiglia
Dalla sentenza emerge che quando un genitore concede una casa in comodato a un figlio per consentirgli di crearsi una famiglia, ma poi questa viene meno perché la coppia si separa, i bisogni del nucleo familiare sopravvivono. Non solo, se un provvedimento del giudice dispone che la prole venga affidata alla nuora o al genero, fino a quando i figli non raggiungeranno l’indipendenza economica, in capo al genitore affidatario si concentrerà la titolarità del godimento dell’immobile. Questo perché l’affidatario diventa in sostanza un rappresentante del nucleo familiare in favore del quale è stato disposto il godimento della casa di famiglia.
Problema che non si pone in assenza di figli. Leggi il nostro articolo: Assegnazione della casa coniugale senza figli: come funziona
La casa concessa al figlio per farsi una famiglia non è un comodato “precario”
Dalla S.U menzionata però emerge anche un altro dato importante. Quando l’immobile viene concesso in uso a titolo gratuito al figlio per soddisfare le esigenze abitative della famiglia che creerà, il comodato precario non sussiste.
Come precisato infatti dalle Sezioni Unite, con la sentenza 3168/2011. “Nel contratto di comodato, il termine finale può, a norma dell’art. 1810 c.c., risultare dall’uso cui la cosa dev’essere destinata, in quanto tale uso abbia in sé connaturata una durata predeterminata nel tempo; in mancanza di tale destinazione, invece, l’uso del bene viene a qualificarsi a tempo indeterminato, sicché il comodato deve intendersi a titolo precario e perciò, revocabile ‘ad nutum’ da parte del proprietario”.
Urgente e imprevisto bisogno del comodante
Solo in un caso, come disposto dalla SU del 2004, il comodante ha la possibilità di rientrare nella disponibilità della casa concessa in comodato al figlio e alla sua famiglia.
L’art. 1809 c.c, al comma 2 prevede infatti che in presenza di “un urgente e impreveduto bisogno al comodante” il comodante può chiedere la restituzione immediata del bene concesso in comodato, anche prima che il comodatario abbia terminato di servirsi della cosa.
Bisogno impreveduto e urgente che è stato identificato dalla Cassazione n. 20448/2014 nella sopravvenuta necessità di fare un uso diretto dell’immobile, ossia di andarvi ad abitare, o nel sopravvenuto peggioramento delle condizioni economiche del comodante.
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