I criteri di quantificazione dell’assegno di mantenimento indiretto per i figli art. 337 ter c.c. che il giudice deve rispettare
- Il diritto al mantenimento dei figli
- Criteri per la quantificazione del mantenimento indiretto
- Ratio del criterio delle “attuali esigenze del figlio”
- Il criterio del tenore di vita vale ancora per i figli
- La proporzionalità si realizza anche comparando i redditi dei genitori
Il diritto al mantenimento dei figli
Prima di trattare il tema dei criteri di quantificazione del mantenimento dei figli, è opportuno inquadrare dal punto di vista normativo il tema del diritto al mantenimento dei figli in generale. Diritto a cui ovviamente fa da contraltare il dovere dei genitori di mantenere la prole.
La prima norma di riferimento al riguardo è l’art. 30 della Costituzione, che al comma 1 sancisce che “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.”
Dovere ribadito dal codice civile nell’art. 316 bis comma 1, ai sensi del quale “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.”
Fatta questa premessa, passiamo al tema caldo dell’articolo, ovvero i criteri di quantificazione del mantenimento per i figli.
Criteri per la quantificazione del mantenimento indiretto
Dovere di mantenimento che permane anche quando la famiglia entra in crisi, ed è proprio in questo caso che si parla di mantenimento diretto e di mantenimento indiretto.
L’art. 337 ter del codice civile al comma 4 dispone infatti che: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
- le attuali esigenze del figlio.
- il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.
- i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
- le risorse economiche di entrambi i genitori;
- la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.”
Il giudice deve prendere in considerazione tutti e 5 i criteri dell’art. 337 ter c.c.
Dalla norma si evince che il giudice interviene nel riconoscere un assegno periodico, che rappresenta il mantenimento indiretto gravante sul genitore non collocatario, quando è necessario realizzare concretamente il principio di proporzionalità.
Mantenimento indiretto, che il giudice deve stabilire tenendo conto dei 5 criteri indicati dalla norma e che, come chiarito dall’ordinanza n. 7134/2020 devono essere presi tutti in considerazione, operando un ricorso bilanciato degli stessi, fornendo una motivazione in grado di consentire un controllo adeguato sulla loro corretta applicazione e senza poter stabilire in modo del tutto arbitrario che uno debba prevalere in qualche modo sugli altri.
Ratio del criterio delle attuali esigenze del figlio
Il primo criterio che il giudice deve prendere in considerazione per determinare l’entità dell’assegno di mantenimento per il figlio è quello delle sue attuali esigenze. Di recente la Cassazione, con l’ordinanza n. 303/201 ha avuto modo di precisare che “Il riferimento alle attuali esigenze del figlio è parametro destinato a garantire che il minore non venga pregiudicato nella sua serena crescita e formazione a causa del momento patologico attraversato dalla coppia genitoriale e che le proprie normali esigenze vengano sempre e comunque soddisfatte, come avviene fisiologicamente nella famiglia unita ex art. 148 c.c. senza stravolgimenti e soluzione di continuità rispetto al regime precedente.”
Il criterio del tenore di vita vale ancora per i figli
E’ ormai noto che il criterio del tenore di vita non deve essere più preso in considerazione ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile. Di esso però il giudice deve ancora tenere conto quando deve riconoscere e quantificare l’assegno per il mantenimento indiretto della prole.
L’art. 337 ter del codice civile infatti, come abbiamo visto, lo contempla al punto 2 del comma 4, in cui si precisa in particolare che il giudice deve tenere conto anche del “tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.”
La prole ha diritto a conservare lo stesso tenore di vita
Criterio ribadito di recente dalla Cassazione nell’ordinanza n. 1562/2020 in cui, richiamando la precedente pronuncia n. 21273/2013, ribadisce che: “la prole ha diritto a un mantenimento tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo per quanto possibile a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l’art. 147 cod. civ. che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione, fin quando l’età dei figli lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione.”
La proporzionalità si realizza anche comparando i redditi dei genitori
L’art. 337 ter comma 4 prevede, come anticipato, che il giudice è tenuto a prendere il considerazione i 5 criteri fondamentali elencati, al fine di realizzare il principio di proporzionalità, soprattutto nel momento in cui si rende necessario, a tal fine, disporre a carico del genitore non affidatario l’obbligo di provvedere la mantenimento indiretto dei figli attraverso la corresponsione di un assegno periodico.
Il mantenimento dei figli deve rispettare la proporzionalità
Con l’ordinanza n. 19299/2020 la Cassazione ha ribadito l’importanza del principio di proporzionalità nell’ambito di una controversia in cui la situazione reddituale dei genitori appariva evidentemente sbilanciata. Da qui la necessità per gli Ermellini di rimarcare che: “a seguito della separazione personale, nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto (…) l’art. 155 c.c., nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze dei figli, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza, i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti, nonché, appunto, le risorse economiche di entrambi i genitori.”
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