Quando è necessario provare la convivenza more uxorio, che cosa si intende per convivenza di fatto e con quali mezzi si può provare
- Perché provare la convivenza more uxorio?
- More uxorio: cosa significa?
- Chi è il convivente more uxorio
- La convivenza more uxorio nella legge Cirinnà
- Come si prova la convivenza more uxorio
Perché provare la convivenza more uxorio?
Dimostrare la convivenza di fatto è fondamentale per potere esercitare i diritti che la legge riconosce alle coppie conviventi e per beneficiare di alcuni aiuti statali. Cerchiamo di capire, prima di vedere con quali mezzi si può provare la convivenza more uxorio, che cosa si intende per coppia di fatto, come la definisce la legge e quali sono i requisiti richiesti per essere riconosciuti legalmente come una coppia more uxorio.
More uxorio: cosa significa?
More uxorio è un termine latino che nasce dall’unione di mos (uso, consuetudine o stile di vita e uxor (moglie, coniuge). Il significato dei due termini è quindi “secondo il costume matrimoniale” o “a modo di moglie”. Nel mondo del diritto questa espressione è entrata come brocardo e designa le coppie che, pur non essendo sposate, convivono ripetendo lo stile di quelle che lo sono.
Chi è il convivente more uxorio
Da questa definizione si ricava che il convivente more uxorio, chiamato più comunemente convivente di fatto, è colui o colei che, pur non essendo sposato/a, convive con un altro soggetto a cui è legato da una relazione affettiva solidale con comunione di vita.
I soggetti uniti affettivamente costituiscono di conseguenza una coppia di fatto, che dal punto di vista pratico si comportano come se fossero marito e moglie, adempiendo in buona sostanza a quelli che sono gli obblighi coniugali.
La convivenza more uxorio nella legge Cirinnà
Dalla convivenza però scaturiscono diritti diversi a seconda che la coppia decida di formalizzare o meno il legame affettivo, con particolare riferimento ai rapporti patrimoniali che ne derivano, come previsto dalla Legge Cirinnà.
La convivenza more uxorio infatti nella legge Cirinnà n. 76/2016, che contiene la “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” è disciplinata dai commi 37 a 67 dell’articolo 1.
Due sono i tipi di convivenza disciplinati:
- la convivenza semplice;
- la convivenza per così dire “formale” che prevede la stipula di un accordo per disciplinare gli aspetti patrimoniali del rapporto.
Grazie a questa legge alle coppie conviventi “semplici” sono riconosciuti tutta una serie di diritti che in passato erano loro attribuiti soprattutto a livello giurisprudenziale, anche se in maniera del tutto frammentaria. Alle coppie che invece decidono di formalizzare gli aspetti patrimoniali del rapporto la legge riconosce diritti ulteriori.
Convivenza more uxorio: definizione legale
La convivenza more uxorio, grazie alla legge Cirinnà, ha ricevuto anche una definizione legale. Il comma 36 dell’art. 1 della legge infatti definisce i conviventi di fatto nel seguente modo: “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.”
Dalla nozione fornita dalla legge si evince che la convivenza more uxorio per la legge deve possedere i seguenti caratteri:
- i conviventi devono essere due soggetti maggiorenni;
- tra loro deve sussistere una legame affettivo e di reciproca assistenza morale e materiale;
- i due soggetti non devono essere legati da un vincolo di parentela, affinità, adozione, matrimonio o unione civile.
Superfluità della coabitazione
Dalla definizione emerge che tra i requisiti fondamentali previsti dalla legge per definire la coppia di fatto è del tutto assente quello della coabitazione.
In effetti di recente la Cassazione con la sentenza n. 9178/2018 ha chiarito molto bene che: “è anche necessario prendere atto del mutato assetto della società, collegato alle conseguenze di una prolungata crisi economica ma non originato soltanto da queste, dal quale emerge che ai fini della configurabilità di una convivenza di fatto, il fattore coabitazione è destinato ad assumere ormai un rilievo recessivo rispetto al passato. (…) Esso deve essere inteso come semplice indizio o elemento presuntivo della esistenza di una convivenza di fatto, da considerare unitariamente agli altri elementi allegati e provati e non come elemento essenziale di essa, la cui eventuale mancanza, di per sé, possa legittimamente portare ad escludere l’esistenza di una convivenza.”
Come si prova la convivenza more uxorio
La Legge Cirinnà al comma 37 dispone che: “Ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al comma 36, per l’accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all’articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.”
Vediamo quindi cosa prevedono le disposizione a cui rimanda la legge. L’art. 4 del DPR n. 223/1989 dedicato alla famiglia anagrafica dispone che: “Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, (unione civile) parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. 2. Una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona.”
L’art. 13 comma 1, lettera b) sulle dichiarazioni anagrafiche invece prevede che: “Le dichiarazioni anagrafiche da rendersi dai responsabili di cui all’art. 6 del presente regolamento concernono i seguenti fatti:
b) b) costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza.”
La convivenza more uxorio quindi può essere attestata da una autocertificazione da redigere in carta libera e da presentare personalmente al Comune di residenza (o inviare a mezzo pec o fax allegando un documento d’identità) e in cui i due conviventi dichiarano di convivere nello stesso indirizzo anagrafico.
Autocertificazione grazie alla quale il Comune, una volta disposti gli opportuni accertamenti per verificare la stabile convivenza, può rilasciare lo stato di famiglia e il certificato di residenza.
Mezzi di prova per dimostrare la convivenza
Abbiamo visto che la legge per accertare la stabile convivenza non richiede eccessive formalità, è infatti sufficiente un’autodichiarazione.
In realtà la convivenza può essere dimostrata anche con altri modi, che sono poi i più comuni mezzi di prova previsti dall’ordinamento.
Il primo è sicuramente la prova testimoniale, che può essere resa da parenti, amici, vicini di casa e tutti coloro che sono in grado di affermare che la coppia è unita da un legame affettivo duraturo e stabile.
Anche le presunzioni sono un valido mezzo di prova. Pensiamo a una coppia di conviventi da cui sono nati dei figli. Ecco, questo fatto di per sé può essere sufficiente a dimostrare la convivenza.
Pensiamo infine a una coppia che decide di comprare insieme la casa in cui andranno a vivere e contrae un mutuo oppure a una polizza assicurativa che viene intestata al convivente. Questi documenti possono costituire dei validi mezzi di prova per dimostrare la convivenza more uxorio.
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