Quando è lecito registrare telefonate e conversazioni?
Sempre più spesso i clienti ci chiedono se sia lecito registrare telefonate e conversazioni o fare video all’insaputa dei presenti, al fine di raccogliere importanti elementi per un’eventuale separazione o per avere le prove di alcuni reati, come i maltrattamenti in famiglia o lesioni.
Si pensi, ad esempio, ad un coniuge che ammette un tradimento oppure di non volere figli o, ancora, che pone in essere atti maltrattanti, insultando abitualmente o malmenando.
Pare opportuno sottolineare come sia possibile registrare una conversazione, utilizzando applicazioni specifiche oppure funzioni presenti all’interno dei cellulari, qualora si disponga del consenso esplicito di tutte le persone coinvolte nella stessa.
Senza il consenso, la registrazione è possibile, lecita ed utilizzabile se chi registra è parte della telefonata o presente alla conversazione.
Infatti, secondo giurisprudenza consolidata, chi parla in presenza di altre persone accetta il rischio di essere registrato e, quindi, non occorre il suo consenso per la registrazione: in buona sostanza, non sussiste la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso da chi vi partecipa o assiste.
Sono lecite la registrazione in casa propria, in un luogo pubblico (strade, piazze) o aperto al pubblico (teatri, cinema, stadio) e nella propria auto.
Quando non è possibile registrare: i reati che si commettono.
Non è possibile registrare la conversazione nell’altrui dimora o nei luoghi ad essa equiparati, come un ufficio o studio professionale, il retro di un negozio oppure l’auto altrui: in tali casi si commette il reato di interferenze illecite nella vita privata ex art. 615 bis c.p. che punisce chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata di una persona.
Non è consentito lasciare un registratore acceso in una stanza nella quale non si è presenti o registrare una chiamata tra due persone e un terzo, autorizzato solo da uno dei due presenti alla conversazione ad ascoltare la telefonata.
Secondo la Cassazione può essere punito anche il convivente che nasconde nella sua abitazione un registratore per ascoltare le conversazioni fra la compagna e i suoi ospiti. E ciò anche se la casa è di sua proprietà: “la disponibilità del luogo anche da parte dell’autore dell’indebita interferenza non incide sulla sussistenza del reato, che mira a tutelare la riservatezza domiciliare della persona offesa” (Cass. n. 27847/15).
Sempre secondo la Cassazione commette il reato di cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (617 c.p.) l’ex marito che registra le conversazioni tra la ex consorte e i figli, anche se ha manifestato l’intenzione di farlo: ed infatti tale manifestazione non equivale a quella con cui questi rende partecipi “nell’attualità della conversazione dell’interferenza, la quale sola eventualmente potrebbe far venir meno la connotazione fraudolenta della medesima” (Cass., n. 41192/14).
Secondo la Suprema Corte (Cass. n. 11322/2018) è possibile registrare sul luogo di lavoro per far valere i propri diritti o quelli dei colleghi.
E le chiamate e le videochiamate su WhatsApp, Messenger, Zoom o altre applicazioni?
Per le videochiamate tramite applicazione di messaggistica valgono le stesse regole sopra indicate per le chiamate: la registrazione è legale, purché chi registra ne prenda parte.
La prova nel processo penale
Se legittimamente acquisita, la conversazione registrata e il video possono essere assunte come prove documentali nel processo penale ex art. 234 c.p.p..
Per la Cassazione “La registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 c.p.p., salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa” (Cass., n. 7465/21).
La prova nel processo civile
In sede civile la registrazione rappresenta una prova precostituita, efficace sino al disconoscimento da parte della persona registrata. Nel procedimento civile, governato dai principi della atipicità e del libero convincimento del Giudice, quest’ultimo può considerare la registrazione come fonte di prova ai sensi dell’art. 2712 c.c., qualora colui contro il quale la registrazione è prodotta, non contesti che la conversazione sia veramente avvenuta.
Il disconoscimento va effettuato rispettando le preclusioni processuali stabilite dagli artt. 167 e 183 c.p.c.: deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e deve concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta (Cass., n. 24753/22).
Per quanto concerne le prove ottenute illegalmente, la giurisprudenza civile non è unanime con riferimento all’utilizzabilità nei processi.
Infatti esistono due orientamenti differenti: secondo il primo, le prove sono inutilizzabili come nel processo penale; secondo un’altra tesi, non esistendo una norma specifica che preveda l’inutilizzabilità delle prove nel processo civile, esse sono utilizzabili ed il Giudice le valuterà in modo discrezionale.
A tal proposito occorre ricordare una recente pronuncia del Tribunale di Napoli, che – in tema di violazione dell’obbligo di fedeltà – ha stabilito come essa possa essere dimostrata in qualsiasi modo, anche con prove assunte con violazione dell’altrui privacy (sent. n. 7374/23).
La divulgazione di registrazioni e video
Non è possibile diffondere il colloquio registrato – né direttamente a terzi, né tramite pubblicazione sui social network – perché ciò costituirebbe violazione della privacy o diffamazione; in alcuni casi potrebbe sussistere il reato di interferenze illecite nella vita privata.
Non è consentito divulgare le conversazioni acquisite fraudolentemente allo scopo di recare danno all’altrui reputazione o immagine, a meno che venga utilizzato per fini processuali, per l’esercizio del diritto di difesa o di cronaca, ai sensi dell’art. 617-septies c.p..
La divulgazione di quanto registrato è, infatti, possibile per fornire la prova di quanto indicato in una denuncia o, nel giudizio civile, per provare le proprie ragioni.
Avv. Stefania Crespi
Lascia un commento