Separazione: le rate del mutuo che il coniuge paga per il coniuge debole sono deducibili dal reddito se determinanti per il mantenimento
- Le rate del mutuo accollate in sede di separazione sono deducibili dall’Irpef?
- Gli accordi negoziali in sede di separazione rafforzano la tutela del coniuge debole
- Per la legge sono deducibili gli assegni periodici per il mantenimento del coniuge
- Per la giurisprudenza l’assegno divorzile una tantum non è deducibile
- Rate del mutuo deducibili se determinanti per il mantenimento del coniuge debole
Le rate del mutuo accollate in sede di separazione sono deducibili dall’Irpef?
Le rate del mutuo che il coniuge paga per quello più debole in sede di separazione sono deducibili dal reddito Irpef del’obbligato? Questa la domanda a cui è stata chiamata a rispondere la Corte di Cassazione con l‘ordinanza n. 5984/2021 attraverso la presentazione di 5 diversi ricorsi che vedono protagonisti l’Agenzia delle Entrate e un contribuente. Il punto centrale della questione comune ai 5 ricorsi è il seguente: “discernere se sia o meno onere deducibile, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), t.u.i.r., il pagamento delle rate del mutuo (sull’abitazione) contratto dall’altro coniuge (o da entrambi i coniugi), in ottemperanza al patto di accollo (interno) assunto dal coniuge in sede di separazione consensuale omologata.”
Gli accordi negoziali in sede di separazione rafforzano la tutela del coniuge debole
La Cassazione premette che non è infrequente, per prassi, che il coniuge più forte economicamente affianchi all’assegno periodico di mantenimento altre erogazioni in denaro. In genere si tratta delle spese condominiali, dei canoni di locazione, delle spese per la baby sitter, ecc..
Sul punto alcuni studiosi hanno ritenuto che il ricorso ad accordi negoziali in sede di separazione ha la funzione di rafforzare la tutela del coniuge più debole.
Per la legge sono deducibili gli assegni periodici per il mantenimento del coniuge
Fatta questa premessa gli Ermellini passano ad analizzare la normativa e la giurisprudenza relative agli oneri deducibili dall’Irpef.
La prima norma di riferimento in materia è senza dubbio l’art. 10 del TUIR, che tratta proprio il tema degli oneri deducibili nei seguenti termini “Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente: […] c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria.”
“L’art. 50, comma 1, lett. i), t.u.i.r., nell’individuare i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, menziona espressamente gli assegni periodici indicati tra gli oneri deducibili dal citato art. 10, comma 1, lett. c). Resta, però, stabilito, dal successivo art. 52, comma 1, lett. c), che a tali assegni non si applicano le regole sulla determinazione del reddito da lavoro previste dall’art. 51 e che «si presumono percepiti, salvo prova contraria, nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli», ossia dal decreto di omologa degli accordi di separazione consensuale, dalle sentenze di separazione e divorzio, oltre che dagli eventuali decreti di modifica pronunciati a norma degli artt. 710, cod. proc. civ., 9 L. div.”
Per la giurisprudenza l’assegno divorzile una tantum non è deducibile
Sul tema la giurisprudenza della Cassazione ha chiarito che “In tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, l’art. 10, primo comma, lettera g), del d.P.R. n. 597 del 1973 (al pari dell’art. 10, primo comma, lett. c, d.P.R. n. 917 del 1986) limita la deducibilità, ai fini dell’applicazione dell’Irpef, solo all’assegno periodico – e non anche a quello corrisposto in unica soluzione – al coniuge, in conseguenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risulta da provvedimento dell’autorità giudiziaria” in quanto si tratta di due forme di adempimento diverse “una soggetta alle variazioni temporali e alla successione delle leggi, l’altra capace di definire ogni rapporto senza ulteriori vincoli per il debitore, non risulta né irragionevole né in contrasto con il principio di capacità contributiva.”
Con sentenze successive ha poi escluso la deducibilità dei premi di assicurazione sulla vita pagati dal marito per la moglie divorziat, per quelli per il mantenimento dei figli, ammettendolo invece per le spese relative all’immobile in cui abita la ex moglie in quanto “la disponibilità di un’abitazione costituisce elemento essenziale per la vita di un soggetto.”
Rate del mutuo deducibili se determinanti per il mantenimento del coniuge debole
Passando al tema caldo della deducibilità delle rate del mutuo la Cassazione accoglie i ricorsi riuniti sciogliendo il nodo della decisione applicando i seguenti principi di diritto:
- “è onere deducibile l’assegno di mantenimento periodico corrisposto da un coniuge all’altro, in conseguenza di separazione legale (ed effettiva), nella misura risultante dal provvedimento dell’autorità giudiziaria o dall’accordo di separazione”;
- art. 10, comma 1, lett. c), t.u.i.r., non impedisce, anzi consente al “coniuge, tenuto a corrispondere l’assegno di mantenimento, di adempiere alla propria obbligazione versando al terzo creditore le rate del mutuo a carico dell’altro coniuge, e maturando, in ambito fiscale (che è l’unico che qui rileva), il diritto alla deduzione, dal proprio reddito, dei relativi esborsi, entro il limite del valore dell’assegno di mantenimento.”
- “Sono oneri deducibili i ratei del mutuo sull’abitazione (intestata all’altro coniuge o cointestata) pagati da un coniuge in ottemperanza al patto di accollo interno contenuto in un accordo di separazione omologato dal Tribunale, ove tale esborso sia finalizzato al mantenimento del coniuge debole.”
Principi confermati anche dalla circolare n. 7/E del 27 aprile 2018 e dalla n. 17/E del 24 aprile 2015. La Corte accoglie quindi i ricorsi in quanto le Commissioni Tributarie hanno rigettato e accolto le richieste di deducibilità delle rate del mutuo “senza compiere la necessaria indagine circa l’esatta portata della clausola pattizia sub iudice, al fine di stabilire se l’esborso ivi previsto contribuisse, in modo determinante, al mantenimento del coniuge “debole”.
Ne consegue che per la Corte le rate del mutuo sono deducibili dall’Irpef del coniuge obbligato se le stesse sono determinanti ai fini del mantenimento del coniuge più debole.
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